E' poesia allo stato puro grondare invisibile sangue senza vederlo
affiorare in superficie. Si addensa alle cellule, si infetta tra le
molecole condensando prismi di chiaro scuri, delizia agli occhi dei
più.
Ciò che ho dimenticato fare è che non so nemmeno più scrivere,
cosa che un tempo mi riusciva con una maestria quasi sepolcrale.
Adesso vedo solo macerie, rivoltate dentro e fuori l'anima, brandelli
di carne resi putrescenti dall'egemonia dell'insuccesso. Perchè
“saper essere”, saper stare sempre al proprio ruolo fa così male
che ti ritrovi senza volerlo a macinare granelli di solitudine con
mortaio e pestello a rappresentare Vita ed Esistenza, Errori ed
Orrori, Emozioni e Collisioni, Desideri e Cadaveri, Scheletri ed
Armadi.
Fa così male l'intruglio al veleno, che il mio corpo dentro
brucia e fuori è gelido come il ghiaccio. Una contrapposizione quasi
soave se non fosse che a viverla sono io. Non è stata notte per
quieto riposo questa, anzi. Ho lasciato le pupille a seccarsi sul
comodino, dimenticando persino di concedere ossigeno ai miei polmoni.
A volte credo che nessuno mai potrà capire il Dolore. Quello
vero. Quello che ti punta come uno spillo e ti rende un colapasta mal
riuscito. Perché è questo che sono: un grosso, grasso, colapasta
bucherellato, che giace consunto sul fondo del lavandino. Un istante
precedente era pieno, poi in un attimo si svuota. E non resta più
niente. Né acqua bollente. Né cibo.
Nulla.
Ma è questo quello che succede agli oggetti. Tutto
indispensabile, poi basta accartocciarli e buttarli
nell'indifferenziata per disfarsene e ti accorgi che si può farne a
meno.
Sono niente. Che bella novità.
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